Blog parallelo

lunedì 31 dicembre 2018

L'orso a primavera, disegno a mano leggera

Potevo mica chiudere l'anno senza condividere un disegnetto dei miei? Giammai!

L'orso se ne infischia del tocco della primavera. Non è andato in letargo e decide da sé quand'è ora di uscire dalla tana.
L'orso a primavera di Andrea Baldessari. Disegnato con Gimp.

Suona come un inno all'orsitudine (=l'attitudine a fare gli orsi) e in effetti devo imparare da costoro, che sono diventati i re delle foresta in virtù della loro spiccata capacità di sbattersene altamente di tutto e di tutti.
[Mi sento, ahimé, più elefante che orso.]
[Non ho mai nascosto la mia simpatia per gli orsi, criticando l'abbattimento di Daniza e la serata informativaisterica a loro dedicata.]

Due note sul disegno.
Frutto di un'ispirazione imprevista e realizzato con una relativa fretta (di solito impiego mesi), si discosta un po' dai precedenti. Che poi, a non usar più il nero, pare che io abbia mantenuto una mano troppo leggera e la scena risulta molto grigia. Molto matitosa.
Gli anemoni selvatici si son rivelati più ostici del previsto da raffigurare.

Visto che sento tutti far gli auguri, buon Solstizio in ritardo!

Cronaca bruna: dicembre 2018

A me i cachi piacciono belli sodi, freddi, appena colti dall'albero a dicembre in pratica. Fosse per me rimarrebbero appesi ai rami fino all'ultimo giorno utile, sia per portare a termine la maturazione che per motivi estetici (il caco si addobba per conto suo in vista del Natale).
A casa però si temono le beccate dei merli (che quest'anno non ci sono) e mio malgrado ho dovuto raccogliere tutti i frutti (acerbi, salvo alcuni). Provo a metterne via metà, al freddo, perché sennò farebbero la fine degli anni scorsi: maturano tutti di colpo, diventano neri e vengono buttati.
Prima faccio il salutista con la colazione arancione (a chilometro zero), poi a pranzo mi divoro due piadine piene di formaggio fuso (con pomodori e sedano nostrani). Ne mangerei volentieri altre due. Viva la coerenza.

L'ultimo pomodoro (quasi) maturo (record!) e le patate viola portate da Ranzo dal fratello. Patate cotte con la buccia e con una bella cera, devo piantarne un po'.

Dicembre non credo sia il mese ottimale per cimare il ciliegio (a dire la verità avevo già iniziato raccogliendo le ciliegie...), ma era una bella giornata e m'è venuta voglia (senza manco la scala!). Un segaccio ricurvo da potatura avrebbe fatto comodo. Proverbio del giorno: fan venire più vertigini le piantone spoglie, meglio arrampicarsi quando han le foglie.

L'ultima fioritura dell'anno è quella del broccolo verde romanesco. A proposito, niente fiori per i carciofi (nonostante l'autunno mite). Sarà per il prossimo anno.

A fine mese posso constatare che i cachi che avevo messo da parte si sono conservati splendidamente. Merito del freddo (non eccessivo) e del buio.

Papà m'ha preparato il manico per la pala, attrezzo che rende un po' più agevole quella faccenda simpaticissima (e profumatissima) che sia chiama pulizia del pollaio. Prima usavo il badile, di punta o di taglio, ma era veramente ostico avere ragione della crosta di escrementi, segatura e fieno. La pollina fresca finisce ovviamente nell'orto.
Ribadisco che io recinterei una parte di orto e lascerei le galline al pascolo, così lo tengono pulito dall'erba e lo concimano. E si fanno i lavaggi col terriccio. Senza dover sacramentare nel pollaio.
Uova finte perché una gallina aveva preso il vizio di mangiar un uovo al giorno.

novembre 2018 - CRONACA BRUNA - marzo 2019

martedì 25 dicembre 2018

"Fatti un regalo!" Come resistere al capriccio natalizio

Natale è quel ciclico brutto mese in cui torna a farsi sentire, più forte che mai, la voglia di concedersi un regalo. Non basta mica ripetere la formula rinuncio! tre volte e darsi una sberla, no, il demone del desiderio ritorna ad assillar la mente al primo spiraglio che gli concediamo.
Le strade da prendere son sostanzialmente tre:
  1. cedere alla tentazione perché in fondo la carne è debole o perché Oscar Wilde predicava così, o chissà per quali altri motivi
  2. fare gli Spartani e resistere strenuamente alle Termopili contro gli stimoli soverchianti (e Immortali)
  3. giocare in contropiede e sviare l'impulso facendo un regalo a una persona cara.
A fare un regalo a una persona cara, passa la voglia di farlo a me stesso. Ebbene sì. Sia chiaro: la suddetta non è propriamente un'opera buona, quella la sì fa indipendentemente dai propri capricci e dal fatto che la persona sia più o meno cara. Diciamo che la mia è una mera tecnica di sopravvivenza in questo mondo dominato dal consumismo compulsivo, dove ormai gli slogan mi esortano (apertamente e senza più alcun pudore) con le seguenti parole:
FATTI UN REGALO!

Nessuno meglio di me stesso, d'altronde, può saper che regalo mi merito, no?
[E qui mi vien da dire: ma che razza di regalo è un regalo fatto da io stesso a me stesso? Più corretto definire l'atto come la soddisfazione di un proprio capriccio. Si va a perdere completamente la magia del regalare un presente a qualcuno.]
La verità è che siamo gente stressata, i nostri desideri son manomessi e non autentici. E gli stessi prodotti offerti dal mercato son imperfetti, così da indurci a ripetere a breve l'acquisto. Ho visto certa gente ridursi a consumisti anonimi, che raccontano la propria esasperazione per trovar consolazione e comprensione reciproca.
Altro che regalo!

[Ho sorvolato sul fare gli Spartani e resistere ad oltranza, perché è deleterio. Premetto che son particolarmente abile nel trovar un difetto in qualsiasi cosa e quel dato difetto si rivela un mezzo anatema per resistere alla tentazione. Mezzo anatema, perché allo stesso tempo cerco soluzioni per aggirar il difetto che, ahimé, mi stimolano ancor di più a procedere all'acquisto...
Insomma, non si va da nessuna parte.]
Morale: l'unico modo valido per resistere ai capricci natalizi è spendere tempo e denaro per far un vero regalo. Solo così la voglia passa e s'avverte un trionfale senso di liberazione. Si tira un bel sospiro di sollievo: per un anno basta supplizi.

domenica 16 dicembre 2018

Il nuovo martire dei giornalisti

Potevo limitarmi a elogiare l'idea di mascherare i blocchi di cemento (già belli da sé per la forma di mattoncini del lego) con questi pannelli rossi in stile Coca Cola. E invece no, devo esprimere un'opinione scomoda sull'attentato di Strasburgo.
Stavolta il martire non è stato il terrorista, no, lui s'è dimostrato solo l'ennesimo balordo che scatena i suoi rancori ai mercatini di Natale. A casa del nemico, ossia il cristiano consumista, per vendicare le sue genti, nel cuore dell'Europa, ect ect ect. Chi se lo fila, insomma, cronaca trita e ritrita.
Per martire intendo il giovane giornalista trentino (i giornali calabresi han subito rimarcato le origini calabresi) che si è meritato gli onori della cronaca (al contrario delle altre vittime e degli altri feriti) e poi i ridondanti necrologi quotidiani, nonostante la famiglia avesse pregato di rispettare la sua privacy (ma tant'è, evidentemente tra colleghi si può chiuder un occhio). 
Martire non dell'Unione Europea come vogliono far credere, ma della loro stessa categoria professionale. La nobile causa dell'Unione Europea c'entra poco: prima di spalare letame sul nuovo governo, difatti, l'UE veniva sempre dipinta come la troika cattivona dell'austerity ect ect ect. I giornalisti stanno usando questa vittima vocata al giornalismo per consolidare nella gente il loro ruolo-guida di manipolatori d'opinione. Me le immagino le redazioni, nel post-attentato:
"Cari colleghi, cari colleghe," esordisce il caporedattore "è caduto uno dei nostri a Strasburgo."
"Un giovanotto pulito, mica un professionista scafato come noialtri" commenta un subalterno.
"Non se l'è cercata come quelli rapiti dell'Isis" nota un altro.
"E abbiamo una bella foto. Che sorriso, spacca questa foto" interviene un'altra ancora.
"Avete centrato il punto, signori miei: costui sarà il nostro eroe, grazie a lui entreremo nel cuore della gente, più forti che mai!"
Fare servizio pubblico vuol dire mettere in secondo piano se stessi per garantire un qualche diritto alla collettività. In questo caso il diritto d'informazione, ossia l'informare il prossimo con notizie veritiere. Taluni giornalisti (non tutti, ci tengo a precisare), invece, fanno i protagonisti, s'arrogano il diritto d'appassionare il prossimo aggiungendo un pizzico di pepe alla notizia. Sfamano di cronaca nera la fetta di pubblico morbosa, creano ansia nella fetta di pubblico debole per poi manipolarla meglio. Prendono una posizione, si schierano con un partito politico anziché rimanere super partes. Si scagliano contro l'avversario di turno con modi del tutto squallidi. Fanno quadrato sordi alle critiche, omaggiano i propri caduti ignorando bellamente che al mondo un sacco di altra gente ci rimette la pelle e non se la fila nessuno.
Loro malgrado perdono credibilità.
Se il sedicente stato islamico non ha avuto il suo martire, se ne sono rimediati uno i giornalisti.  

"Ne parlano più di un papa morto" traduco dal dialetto. Giornalisti martellanti, eccessivi, arroganti perché s'arrogano il potere di celebrare uno dei loro allo sfinimento e accennano appena appena a tutte le altre vittime. Tutti europeisti a parole, ma, guarda caso, parlano solo del connazionale. Le autorità ovviamente colgono la palla al balzo, la città di Trento pure, sempre ansiosa di rimediare uno scorcio di notorietà, nella buona e nella cattiva sorte. Il cittadino indolente ha pure le sue colpe, incapace ci sentirsi parte di una comunità (europea) senza l'aiutino di un morto.
Mi dispiace dirlo, ma tutto questo parlare sortisce l'effetto opposto. In me. E' come guardarsi il film preferito ogni giorno ed esso finisce col provocar la nausea. Non lo si guarda più, c'è poco da fare.


Questo è un post Socialmente Scomodo, amaro da mandar giù.

venerdì 30 novembre 2018

Cronaca bruna: novembre 2018

La seconda zucca violino da sinistra è l'unica ad aver preso quel minimo di pioggia che si meritava (perché spontanea e con un mese di vantaggio). Le altre le ho innaffiate io e si nota la differenza. La zucca marina di polpa ne avrà ben poca.
I pomodori varietà principe borghese non li ho appesi, avendoli colti singolarmente e non in grappolo (non riuscito a maturare nel complesso).


A proposito di pioggia, le pastinache non si son perse il diluvio di fine ottobre, gonfiandosi come rape. Dopo un mese e qualche gelata (necessaria) le ho colte e mi han sorpreso in positivo, insomma. Per lavarle risparmiandomi l'acqua gelida sulle mani, le ho cacciate dentro un grande vaso e vi ho svuotato dentro diversi annaffiatoi.

Pastinache formato maxi: ne erano germinate poche, ma queste poche valgono per tre.

Le piante di pomodori in inverno si disfano e spariscono letterlamente da sole. A casa però voglion pulizia nell'orto e perlomeno non ho estirpato le loro radici, tagliandole alla base. Voglio ricordare che le radici e il pane di terra loro attaccato è fondamentale per il nutrimento del terreno.


Raccolto un po' deludente per le arachidi, dacché le piante non sono proprio poche come lo scorso anno e hanno avuto più tempo per lavorare. Sottoterra di noccioline ne trovo poche, trovo invece tantissime formiche rosse, per non dir i loro formicai. Che me le abbiano mangiate loro?

Tanti dei carciofi non hanno un brutto aspetto, anzi, ma non ne vogliono proprio sapere di fiorire (e sarebbe ora). Per tenerli al caldo, ho pressato alla loro base i pomodori, a mo' di pacciamatura. Se i carciofi non soffrono di peronospera, gliela faccio venire io...

Il più grosso dei carciofi.

Olivi rivestiti con la mia personale pacciamatura verticale, una cappotto termico di erba anti-gelata. Infine rape e rapanelli giganti, merito sempre del diluvio. Ho quindi imparato che un apporto d'acqua continuo ed abbondante, della durata di diversi giorni, fa gonfiare a dismisura e rapidamente alcuni ortaggi. 
Ecco perché quelli del supermercato son così grossi...


ottobre 2018 - CRONACA BRUNA - dicembre 2018

martedì 27 novembre 2018

Traduzione de The Beep Beep Song, di Simone White

Prima guardavo un tutorial e, caspiterina, più che osservar il video mi son lasciato prendere dalla canzoncina di sottofondo. Una sorta di ninna nanna, con un testo semplice ma struggente, una bella voce e le corde pizzicate della chitarra. Insomma, il genere di musica che piace a me!
Al che ho cercato "beep beep beep beep beep song" su google e l'ho trovata al primo colpo! Difatti si chiama The Beep Beep Song, scritta e cantata da Simone White. Genere: neofolk. Quindi ho provato a tradurla.

Innanzitutto il video ufficiale della canzone:


(La canzone Beep Beep Song si può sentire con una qualità audio migliore nello spot della Audi R8 del lontano 2007.)

Provo la traduzione:

Beep beep beep beep beep beep beep
Risuona il clacson nelle auto nelle strade
ce ne siamo andati via dalla scogliera 1
Direzioni opposte, passi sincronizzati.


Aspetta aspetta aspetta aspetta aspetta aspetta
Il tempo che il cuore s'aggiusti
Quante lune si riflettono nel lago
Puoi aspettar per sempre se il tempo è tutto quel che serve.


Malgrado tutti gli avvertimenti
Sono caduta
Come una stella cadente
Tra le tue braccia.

Tum tum tum tum tum tum tum 2
Batte il mio cuore sul lato della manica
Sussurrando qualcosa che difficilmente riesco a credere
"Lasciami prendere il controllo
,

perché l'amore è tutto ciò di cui abbiamo bisogno."

1: Il lover's leap è la scogliera dove si tolgono la vita gli amanti disperati.
2: Beat beat beat... l'ho tradotto con il suono onomatopeico del cuore. Suggeritemi un sinonimo!

Testo originale:

The Beep Beep Song by Simone White 

beep beep beep beep beep beep beep 
go the horns in the cars in the street 
we walked away from the lover's leap 
opposite directions synchronised feet 

 wait wait wait wait wait wait wait 
for the time it takes a heart to mend a break 
how many moons are reflected in the lake 
can you wait forever if time is all it takes 

despite all the warnings 
I landed 
like a fallen star 
in your arms 

beat beat beat beat beat beat beat 
goes my heart on the side of my sleeve 
whispering something I can hardly believe 
"let me take the lead cos love is all we need" 

Più che una ninna nanna, una canzone d'amore. Breve, ma l'autrice ha promesso una versione più lunga. Intanto ecco il suo cd:

venerdì 23 novembre 2018

Trame: da Black Friday a Black Christmas

E anche questo Black Friday non ho comperato una benemerita fava. A dire il vero due regalini me li sono fatti (il portachiavi-torcia potrebbe rivelarsi utile), ma non li conto, non essendo scontati e acquistati solo perché, perduto l'autobus, non sapevo come passare il tempo. Mi son fiondato all'EuroBrico, mi ci perdo in un negozio del genere. Potrei rinominarlo il rifugio della speranza ritrovata, ovvero il posto dove l'impossibile diventa possibile, grazie all'assortimento di attrezzi e di materiali. Il posto definitivo dove rintanarsi in caso di un'invasione di zombie (gli zombie-belanti del Black-Friday s'intende), anche se alla lunga la mancanza di viveri si farebbe sentire (mangimi per animali domestici a parte) (in teoria si potrebbero seminare un po' di ortaggi nel reparto giardinaggio). Farebbe comodo avere l'Orvea più vicina, magari adiacente. Una parete comunicante da sfondare a mazzate, ma attenzione al rumore eccessivo...

Stop con le trame.
Dicevo, non ho comprato un tubo. Ho passato in rassegna negozi fisici e online e non ho trovato nulla di mio interesse. Ho la mia lista dei desideri, ma guarda caso il prezzo dei prodotti inclusi non viene minimamente scalfito dagli sconti.
Motivo?
Evidentemente, ahimé, i miei gusti non son convenzionali, ergo non vengono contemplati dai cervelloni ai vertici del mercato. I prodotti in offerta o sono nazional-popolari, capaci di attrarre le masse, o son delle mezze fregature.
A proposito di fregature...


Una tentazione, una sola, l'ho avuta: la Oregon Scientific WMH800 con uno sconto del 50%! Scemato l'entusiasmo iniziale (per sfortuna del Trony la stazione barometrica l'ho cambiata recentemente) ho fatto un paio di ricerche, scoprendo che tale apparecchio non vale 100 euro, ma la metà. E forse anche di meno a leggere la sfilza di opinioni negative.


Tornando al sodo, perché non fondere Halloween col Black Friday? Per assonanza andrebbero a braccetto e ne risulterebbe il film survival perfetto.
O si potrebbe far un tutt'uno col famoso mese di Natale che inizia il 24 novembre (guarda caso il giorno seguente del venerdì nero) e perché no, anche col capodanno. Coniamolo Black Christmas, per concludere l'anno in ebrezza, all'insegna del consumismo sfrenato e per far girar l'economia all'ennesima potenza.
E poi carbone per tutti.

PS: non fregatemi le trame. Sono una lumaca a scrivere, ma un giorno chissà se non sforno qualcosa sull'argomento.

PS2: il colmo è che ho comprato una torcia come l'anno scorso.

giovedì 1 novembre 2018

Cotognata, secondo round

Ci vuole la cotognata per far ripartire il blog. Dopo la bellezza di cinque anni (come passa il tempo), ci ho riprovato. Perché, voglio essere sincero, mi son stufato di preparare decine di vasetti di composta di frutta che poi finiscono in un cantuccio ad invecchiare. Chi li mangia più. Devo quindi diversificare il prodotto, affinché venga consumato per intero nel corso dell'anno.
Ecco quindi la mia cotognata messa sotto zucchero a velo...

Preparazione. Innanzitutto le mele cotogne non vanno sbucciate, ma solo ben pulite dalla peluria, private del torsolo e tagliate a fette. Le ho ben cotte e poi frullate in una pentola alta (esattamente come per la composta). La ricetta originale prevede tutt'altro: lasciar gocciolare i quadratini e poi passarli col passaverdure; pesare il risultato e aggiungere l'equivalente quantità di zucchero. Dal canto mio non ho aggiunto così tanto zucchero (solo due terzi del peso delle mele cotogne frullate) e ho lasciato la cotognata nella teglia a cuocere lentamente sul fuoco... a bruciare!
(NDA: la stufa ogni tanto diventa una caldaia di una locomotiva...)
Ho salvato tutto lo strato superiore, ben attento a non raschiare il fondo nerastro (il sapore per fortuna non ne ha risentito), spalmandolo con un taglia pasta sull'acciaio. Con il suddetto arnese ho tagliato a quadratini la cotognata, una volta raffredata. [continua sotto la foto]
Ho quindi riposto i quadratini di cotognata a sudare in soffitta, fresca e ventilata, e dopo qualche giorno li ho inscatolati. Come fondo un foglio di carta da forno e una spolverata di zucchero a velo, altre spolverate di zucchero ad imbiancare ogni strato.
Spero che in questo modo si conservino nei mesi a venire.

COMPOSTA DI MELE COTOGNE - LAVORAZIONE FRUTTA

Il ciclone "fotografato" dal satellite

Dare un volto al responsabile. Forse suona meglio dare un occhio al responsabile, visto che parliamo di un ciclone simil-tropicale. Quello che poi hanno chiamato Tempesta Vaia. Il vortice magari non sarà ben definito come quello degli uragani che imperversano altrove, ma l'occhio lo si nota. Ho evidenziato la penisola italiana, altrimenti velata di nuvole:


Ai telegiornali interessa farvi partecipi della catastrofe, fare la conta dei morti, la stima dei danni, dar risalto ai soccorsi intervenuti e infine promuovere l'immancabile gara di solidarietà.
Un copione consolidato.
Al ciclone dedicano giusto uno scorcio fugace durante le previsioni meteo, nonostante sia il colpevole (sempre che si possa definir colpevole un evento atmosferico), unico caso di cronaca in cui al reo viene risparmiata la gogna mediatica.
Ebbene, a me interessa capire cos'è successo sopra e non solo qui sotto. I siti web connessi alla costellazione di satelliti Meteosat m'han fornito l'aiuto necessario: mostrano lo storico delle condizioni meteo e dei fulmini, ora per ora, e propongono pure la sequenza di video in time-lapse, giorno per giorno.

Ecco quindi il video di lunedì 29 ottobre, in cui il ciclone simil-tropicale corre sulle acque del Mediterraneo; quando è ormai prossimo alle rive della Liguria, cala il sipario della notte (di notte si può visionare l'infrarosso, ma perde in definizione):


Nel secondo video, di martedì 30 ottobre, si nota chiaramente la spirale del ciclone, che va placandosi sul continente dopo aver flagellato l'Italia centro-settentrionale:


Si possono visionare anche i video con i fulmini in sovraimpressione, come quello del 29 ottobre.

PS: sbaglio o non han dato neanche un nome al ciclone?

mercoledì 31 ottobre 2018

Cronaca bruna: ottobre 2018

Quando i pegòi i è rossi, la fraga l'è... (quando i graspi son rossi, l'uva fragola è) deliziosa. Matura al punto giusto. Confermo la perla di saggezza paterna. Solitamente pochi grappoli d'uva sopravvivono sulle vigne sino a ottobre: i merli li fan sparire prima e quest'anno senz merli ci ho pensato io con la composta...  


Finalmente posso mangiare i frutti del mio piccolo vigneto. Ho aspettato fino all'ultimo, fino a quando caprioli han cominciato gli assaggi di rito. Gli acini della varietà Angela hanno assunto una colorazione bizzarra, ma il sapore non è malvagio. Quelli appassiti son dolci quanto l'uvetta sultanina. A proposito, le altre vigne, varietà Sultanina, anche quest'anno non han fruttificato, brutto segno.

Vedere i pomodori maturare a fine ottobre qui in Trentino non si vede tutti gli anni. Su piante ancora sane, per giunta. Merito di due mesi di quasi siccità (avrà piovuto tre volte) e delle temperature rimaste miti.
Anche i miei pomodori varietà principe borghese si tingono di rosso; il prossimo anno dovrò seminarli prima, non posso sperare tutte le volte nel cambiamento climatico del pianeta Terra.




Ora che le piante di zucca violino si son rinsecchite, i carciofi sottostanti si possono godere un po' di luce. E' da vedere se gli esemplari più sviluppati riusciranno a fiorire entre l'inverno. Intanto nell'altro orto sminuzzo gli zucchini e li seppellisco, la concimazione per l'anno che viene comincia così.

Il raccolto di zucche violine: vista la penuria d'acqua non mi posso lamentare.

Sorprendentemente i cavolfiori si son sviluppati, liberi dai parassiti che presumo essere scivolati in letargo. Raccolgo gli ultimi fagiolini verdi, ovviamente felicissimo di non dovermi sgobbare più.

Gli ultimi fichi a maturare restano mignon, ma son i miei preferiti, dolci e un po' rinsecchiti. Per la serie i frutti leggendari, ho raccolto i kiwi. Piccoli anch'essi, ma i secchi d'acqua miei non bastano ad una pianta che in natura predilige le sponde dei fiumi. Col senno di poi, col diluvio universale di fine mese, conveniva lasciarli ancora appesi ai rami.

Ho iniziato a lavar le noci, come da qualche anno a questa parte, poi ho smesso. C'ho il timore che nel lavaggio s'infiltri un po' d'acqua all'interno, compromettendo la conservazione del gheriglio. Tanto vale pelarle del mallo nero e lasciarle seccare bene al sole. Colgo le mie belle renette arrugginite, varietà Ruggine del Piemonte per l'appunto. Le altre, le Gelata si son rivelate una mezza delusione: cascano prima di maturare correttamente, prima di formare la polpa gelatinosa che le contraddistingue).


A proposito di fregature, ho comprato l'aglio a peso (al Ciba di Trento), accorgendomi poi che razza di spicchi giganti aveva all'interno. Quindi a parità di denaro speso, dispongo di meno semenza.
Che poi gli spicchi così grossi li ho portati in cucina, mi sembra un peccato seminarli.

Fasciatura di fortuna per il noce, con lo scotch di carta, in attesa del mastice.


settembre 2018 - CRONACA BRUNA - novembre 2018