Ho provato a metter giù due versi (sonetto, endecassillabi... lungi da me!) su quanto penso riguardo il recente episodio di cronaca nera:
Ci sono due americani, due carabinieri
e uno spacciatore; a Roma, l'altro ieri.
Prima rifila l'aspirina ai balordi turisti,
poi chiama il centododici, che si son rivisti.
Così arrivano i carabinieri, in borghese,
in piena notte e manco san bene l'inglese.
E chi glielo spiega ai quei due ragazzotti,
che sei dell'Arma e non vuoi fare a cazzotti.
A sentir il nome, uno c'ha sangue irlandese,
l'altro è un pazzo armato d'un affilato arnese.
Una delle belve vien bendata con una calzetta,
"foto choc", questa sì che è una barzelletta.
Al di là della veridicità dell'episodio (mi son basato sul "sentito dire dal telegiornale") (ecco, se aggiungevo due righe sulla tragica colluttazione poteva essere un sonetto da 14 versi, ma ho preferito evitare), la benda sugli occhi è l'ultima delle torture. Non generalizzate, giornalisti da strapazzo, una benda innocua è un conto, il sacco nero integrale sul capo dei prigionieri di Guantanamo è un altro conto, questa sì che è una tortura.
Posso quasi immaginare lo stupore dell'americano bendato, già beato di suo nel sapere che qui la pena gli andrà di lusso, quando viene a scoprire che, da delinquente, ora i mass media lo fan passare come vittima.
Forse però lo stan prendendo in giro per fare audience.
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