Blog parallelo

domenica 28 agosto 2016

Conserva di pomodori pelati

E' finita la pacchia. Fino all'anno scorso i pomodori li coltivavo e basta. Ora mi tocca anche pelarli, strizzarli e metterli sul fuoco.
Non so bene come chiamare il risultato. Una via di mezzo tra la tradizionale conserva e i pelati sotto vetro. Un modo per sfruttare i vantaggi di entrambi i metodi di conservazione: pelando i frutti prima della cottura faccio a meno del noioso passaggio col passaverdure. Ciò è possibile perché ho raccolto i pomodori ben maturi, belli rossi.

Di mio preferisco coltivare i pomodori piccoli (ciliegini, cornala o datterini e via dicendo), perché il raccolto è garantito e la maturazione anticipata, però devo ammettere che la pezzatura più grossa si presta egregiamente per questo tipo di conserva. Sarebbero un incubo sbucciarli tutti, altrimenti!
 
Qualche pomodoro l'ho tenuto da parte per mangiarlo fresco. Piccola nota per il sugo: strizzando i pomodori ne ho ottenuto un bel po' (oltre a risparmiare ore di cottura) e gli sportivi lo bevono al posto del gatorade, peccato che non sia proprio il massimo in quanto a sapore. Forse va annacquato o raffreddato in frigorifero. Alla fine è finito sul fuoco ed è diventato conserva a sua volta, quindi tanto vale saltare il passaggio.
Una volta invasata la conserva (bollente) bisogna solo sperare che i coperchi facciano il loro lavoro, il che non è scontato se sono già stati utilizzati in passato.
Sopra il vasetto centrale si può notare un pomodoro dalla curiosa forma di teiera...
Un po' di conserva avanza nel pentolone, imperativo versarci dentro la pastasciutta con un filo d'olio d'oliva. E' venuta dolcissima.

giovedì 18 agosto 2016

La stazione meteo cotta al forno

Caldo africano? No, cottura al forno... La temperatura supera i 50 gradi, ma l'estate c'entra poco. Tecnicamente ho eseguito un reflow casalingo, in pratica ho riscaldato (e rifuso) le saldature sulla scheda interna.
Come per magia, la mia stazione meteo Oregon Scientific è tornata a funzionare, perché dopo la bellezza di nove anni di onorato servizio, aveva iniziato a perdere colpi. Dal non rilevare più il termometro esterno, al display che si spegneva (dal tutto o in parte).
Così, ricorrendo prima al fon e poi al forno a legna della cucina, le ho dato una sistemata. Sperando che duri.

Come si presenta il display della stazione meteo Oregon malfunzionante.


Il fascino vintage dell'orologio radiocontrollato. Oggi, direte voi, lo smartphone la fa da padrone, provvisto com'è di orologio e di previsioni meteo, entrambi sempre bene in vista se impostati come salvaschermo. Un dispositivo sempre a portata di mano, bello colorato... ma volete mettere un cellullare che dipende da una connessione a internet con un apparecchio radiocontrollato che capta il segnale radio DCF77 di Francoforte? Saranno anche due tecnologie che grossomodo si equivalgono, ma che figata la seconda! E poi orologi belli così non ne fanno più, in questa fascia di prezzo intendo, cioè 20 euro(!!!): i numeri sono grandi, chiari, privi di orpelli superflui. Solo il proiettore fa un po' pena; avesse avuto piuttosto una radio, questa Oregon Scientific sarebbe stata un vero gioiellino.
Bando alle ciance, ho provato ad aggiustarla. 


Il fon non basta. Da usare in pratica come la pistola ad aria calda dei riparatori professionisti, indirizzando il calore sulla scheda interna che ho provveduto ad esporre. La stazione meteo torna puntualmente a funzionare, peccato che l'effetto duri solo un paio di giorni.
Oso di più, inforno la stazione meteo. Premessa: andrebbe infornata solo la scheda e non tutto l'apparecchio. Purtroppo i contatti non sono a incastro come negli odierni computer/smartphone, ma sono tutti saldati. Quindi, come compromesso, ho lasciato la stazione meteo scoperchiata sulla soglia del forno, in modo da tenerla d'occhio e lasciare il display per quanto possibile al riparo dall'ondata di calore. Il tutto per una buona mezz'ora, finché non ho avvertito nell'aria il classico profumo della torta cotta a puntino. Della stazione meteo cotta a puntino, pardon.
Danni collaterali a parte, nella fattispecie un'enorme macchiona nera di cristalli liquidi che per fortuna è rimpicciolita a vista d'occhio fino a scomparire, ora l'apparecchio sta funzionando egregiamente da ben una settimana. Tengo incrociate le dita.


Alternative per rimpiazzare la stazione meteo. Bisogna entrare nell'ottica di spendere molto di più:


Rimanendo fedele alla marca, c'è una stazione meteo e termometro della Oregon Scientific che mi tenta. Dispone di ben tre sensori che rilevano sia la temperatura che l'umidità nell'aria in tre siti distinti, oltre alle previsioni meteo. Peccato manchi l'ora e la fase lunare... ma servono veramente?
Sennò ci si affida a un dispositivo sempre connesso a internet.
  • Il Pipo X9 fa la sua sporca figura come soprammobile hi-tech, fermo restando che è una cineseria, seppur unica nel suo genere (un tablet fisso). Potremmo impostare la temperatura e le previsioni come salvaschermo o andare a leggere i bollettini meteo sul touch screen.
  • Con un po' di ingegno e conoscenze informatiche, ci si può costruire la propria stazione meteo con il praticissimo Raspberry, il più piccolo ed economico computer in commercio. Bisogna sapervi collegare l'antenna DCF77 e pure il monitor. Da intenditori.
  • Rendiamo smart il televisore attaccandogli un mini-pc, in modo da visitare il sito web delle previsioni del tempo e leggerlo in tutta comodità grazie all'apposito telecomando.
Altrimenti recuperate in soffitta la vecchia radiosveglia, sintonizzatela e ricordatevi l'ora delle previsioni del tempo regionali...!

Aggiornamento ottobre 2016:
Di nuovo la stazione meteo nel forno, stavolta però senza il display.

mercoledì 10 agosto 2016

Il concorso di corsa

No, non ho fotografato l'interno del palaghiaccio di Trento con la didascalia sono in pista senza pattini e soprattutto senza aver pagato il biglietto, giacché era vietato tenere il cellulare acceso, pena l'esclusione, e non volevo nemmeno dar visibilità a tutti quegli sponsor che grazie all'accoppiata sport e social network s'insinuano ormai dappertutto.
Il palaghiaccio, dicevo. Una sede quantomai scomoda per una preselezione di un concorso pubblico. Contavo di raggiungerla a piedi, tramite un'apposita scorciatoia (immortalata in foto), ma il solleone di ferragosto mi ha fatto preferire il piccolo autobus A. Preso al volo in piazza duomo, come vuole la mia tradizione di centometrista, e arrivato a destinazione in via fersina con uno scarto di due minuti appena sull'orario indicato.
Durante l'eterno tragitto l'unico teso a bordo in pratica ero io: tutti gli altri, provenienti da mezza Italia a sentir gli accenti, sapevano già che i concorsi pubblici son pieni di tempi morti. Questo non ha fatto eccezione.

Pienone all'entrata, lecito guardarsi intorno col nervosismo tipico di chi sente ai telegiornali che un attentato su tre colpisce i cadetti delle forze dell'ordine, ghiotto bersaglio quando son ammassati.
Abuso di fantasia, lo so, devo dedicarmi di più ai romanzi d'azione (magari i turni di vigilanza notturna si rivelano una manna per l'ispirazione, sulla falsariga di un noir scritto anni fa).
Lì per lì mi chiedevo cosa diavolo ci facevano tutti questi non-trentini a un concorso per vigili urbani del comune di Trento. Già io che son residente conosco sì e no metà delle vie, figuriamoci loro! Avranno bisogno di un ambientamento accellerato alla Matrix... Poi, però, ho realizzato che forse forse è meglio non abitare da queste parti per mettere in riga i famosi abitanti di piazza dante. Meglio non avere legami in loco, se cominci a giocar a guardia e ladri con certa gente che poi inizia a guardarti storto.
D'altronde io 'sto concorso devo provarlo per forza di cose: il mio curriculun preme nella sua direzione in nome della coerenza e i miei famigliari premono perché io trovi una retribuzione stabile... insomma, date queste premesse, dovrebbero essere tutte rose e fiori. E invece no. Il fine ultimo di questo dispiegamento di vigili urbani è mettere una pezza a un problema d'integrazione mal riuscita, anziché risolverlo alla radice; si tratta giusto di un contentino rivolto a quei cittadini resi isterici e ansiosi da un'informazione manipolata dall'una o dall'altra fazione politica.

C'è un progetto molto chiaro in chi propende per l'accoglienza degli immigrati, un progetto a lungo termine che richiede un'adeguata elasticità mentale. Potrei definirlo un progetto di bio-ingegneria-sociale, in parole povere incrociare e rimescolare latte e caffè per ottenere quel caffelatte che piace tanto negli altri continenti. Basti pensare al fascino delle/i brasiliane/i. Certo, occorre portare pazienza, i risultati non saranno visibili in questa generazione.
Vorrei inoltre far notare che non esistono persone di razza: nel corso dei millenni ogni terra del pianeta è stata invasa, alle spese delle popolazioni autoctone. I popoli che hanno originato dialetti o addirittura regioni, in tempi immemori sono migrati a loro volta. Da quel che so io, i Reti tirolesi sembrano legati agli Etruschi e gli Etruschi provengono dal Medio Oriente; si dice persino che i Veneti provengano addirittura dall'attuale Romania, ma forse è meglio proferire sottovoce queste teorie... L'indiscutibile fascino delle donne mediterranee deriva dagli scambi millenari tra le genti europee e quelle nordafricane, ect ect ect. Fine delle digressione.

Tornando in tema, piuttosto dei vigili urbani, pochi e poco incisivi, avrei preferito dei mediatori culturali a sistemar le cose in piazza dante. Indossare la divisa e farsi prendere a sputi per far contenti gli amministratori e qualche residente isterico non è proprio il massimo. Io pattuglie ne ho fatte, sia chiaro, ma tra piastroni antiproiettile ed elmetto ero corazzato come una tartaruga e a tracolla portavo un fucile d'assalto. Addobbato così, se intimavo l'alt, chiunque mi prendeva sul serio. Non credo che un vigile col suo casco coloniale e il fischietto possa fare altrettanto. Il ruolo del vigile urbano sarà anche coerente all'incarico, ma non sortirà mai l'effetto deterrente di un carabiniere o di un agente di polizia.
Dimenticavo: riportare gli immigrati a casa loro non si può. Il paragrafo precedente sull'integrazione non è frutto della mia fantasia.

Dopo tutta questa noiosa disamina, il test di pre-selezione al palaghiaccio si è rivelato più ostico del previsto. Temo abbiano prevalso il fior fiore di giuristi accorsi da mezza Italia.
Al ritorno ho evitato l'autobus A (ci saranno stati cinquanta candidati col bagaglio che lo aspettavano), preferendo la sopracitata stradina (me l'ha insegnata a suo tempo un autista). Io adoro queste scorciatoie pedonali nascoste, questi scorci urbani che solo chi fa jogging può conoscere, però non vi dico che puzzo c'era questo pomeriggio. Mi è parso di passare accanto ai fanghi di un depuratore tanto era ammorbata l'aria, finché non sono uscito in via degasperi e ho letto sulla facciata dello stabilimento: Trento Frutta.

sabato 6 agosto 2016

Paste di mandorle low-cost

Se Andrea non va dalle paste di mandorle e le paste di mandorle non vengono da Andrea, Andrea pastrocchia un po' in cucina e qualcosa rimedia lo stesso.
Battute a parte, mi sono cimentato in una ricetta che da sempre ho a cuore. Mica posso aspettare ogni volta la fiera di S. Lucia a Trento per comprarmene un (costosissimo!) sacchettino...

Risparmiare preparando le paste di mandorle a casa? A conti fatti si risparmia ben poco: mandorle, limoni biologici e canditi costano cari, da qui alla Sicilia la filiera è bella lunga...
Mi sono ispirato a questa ricetta (ma bene o male si somigliano tutte) http://www.dolcisiciliani.net/.../fior-di-mandorla.../. Ispirato nel senso che non ho spellato le mandorle e quindi ho fatto a meno dell'estratto di mandorla. In più ho abbondato di scorze di limone grattugiate (avevo solo 5 limoni non trattati e li ho usati tutti) e invece di cospargere di zucchero a velo ho aggiunto degli agrumi canditi.

Forse le ho cotte troppo, dovevano dorarsi appena appena e un po' si sono appiattite, ma tant'è... Buone sono buone, vere e proprie bombe caloriche, considerando tutto lo zucchero utilizzato (anche al posto della farina!).

giovedì 4 agosto 2016

Piantare un noce 9: lasciato a se stesso

Dopo un paio d'anni di silenzio (giustificazione: portavo avanti la mia guerra personale contro la mosca della noce), vi aggiorno sulla sorte del noce c'ho seminato ben sei anni fa.
Vivo è vivo, l'anno scorso è germogliato che era una meraviglia, anche se dopo non è cresciuto vigoroso come speravo. La battuta d'arresto dipende, credo, dal terreno sopraelevato, contenuto dal muretto a secco, quindi privo di quel minimo ristagno d'acqua per le radici. E poi dalla competizione spaventosa dei rovi circostanti, quelli sì che hanno un apparato radicale che funziona.
Intanto salvo altre piantine, mi piange il cuore a lasciarle nel prato/nell'orto dove verranno sistematicamente distrutte.





La primavera di quest'anno il noce ha perso i primi germogli per colpa di una gelata (si vedono neri nella foto), rimpiazzandoli nelle settimane a venire.

 
Che poi non è che l'ho proprio lasciato a se stesso: provvedo a dargli un po' d'acqua se non piove e soprattutto a liberarlo dalla selva di rovi che cresce alla base. Il falcetto si rivela di grande aiuto.
Devo dire che questa estate il noce è un figurino:


Al limitare del campo di Cadine c'è un grande noce i cui frutti, causa ghiri e scoiattoli, non ho praticamente mai avuto occasione di apprezzare. Stavolta però qualche noce l'ho colta, una manciata al giorno, e i gherigli rossi hanno un fascino notevole. Si preannuncia una nuova semina (la candidata è rivestita dal mallo).


2014 - PIANTARE UN NOCE - 2017