Blog parallelo

lunedì 31 luglio 2017

La domenica delle cose storte

Quando tre impegni si accavallano, bisogna imporsi delle priorità, bisogna esser spietati. Ebbene, io non lo sono. Ho cercato il compromesso e nel conseguente tira&molla non ho combinato un bel niente o quasi.
Ho scattato una fotografia al volo all'unica attrazione di Levico che ho notato: il vetusto bar della stazione dei treni, che trasuda quel fascino da film western che mai in Trentino mi sarei sognato di ritrovare.
Io però mica son andato a Levico per questo.

Oggi c'era il super mega evento, il Red-Bull-Summer-vattelapesca, la festa in spiaggia più cool che la mia regione montuosa possa offrire. E poi il lago di Levico non l'ho mai visitato prima, al contrario del fratellone di Caldonazzo.
Pertanto ho fatto uno più e uno e mi son fissato l'impegno sul calendario.

Caso vuole che ieri un caro vecchio amico mi manda un sms: Domani passo per Trento, troviamoci per un caffé. Io mica posso dirgli di no (non lo vedo da quasi 10 anni!) e in ogni caso conto di sbrigare quel lieto imprevisto entro il primo pomeriggio, in modo da avere tutta la giornata restante per il lago.
In concomitanza salta fuori pure l'invito per una pizza tra parenti e famigliari, la sera stessa! Perdonatemi, questo impegno lo devo scartare... tutti oggi dovete farvi vivi?

Arriva la domenica e attendo notizie dal mio socio. Passano le ore e in fin dei conti è un bene, penso lì per lì, mica mi voglio ustionare in spiaggia! Finalmente mi scrive: si ferma un po', quanto non sa. Mi farà sapere. Arrivano le 17:00 e gli lancio l'ultimatum: Vediamoci entro le 18:00, alle 18:05 ho il treno. Silenzio radio.
Sfortuna vuole che sia domenica e il trenino della Valsugana delle 18:05 non ci sia. Allora tento di prendere la corriera delle 18:35, ma causa l'autobus lumaca perdo la coincidenza. Mi trovo costretto a prendere il treno delle 19:05 e, facendo due conti al volo (ripartirò alle 20:42), significa stare a Levico una quarantina di minuti abbondanti. Assurdo. Mi passa la voglia, solo guardo il prezzo del biglietto (5.80 €), uno sproposito, e mi costringo a partire.
Unica nota positiva: la capotreno è la mitica Soldato Jane, che non rivedevo da cinque anni.

Di corsa a Levico, per raggiungere il lago. Impiego ben venti minuti. Una volta sul posto, noto che delle migliaia di presenze annunciate è rimasto un assembramento più modesto, tutti ormai rivestiti. Il festone è bello che finito. Nuvoloni preoccupanti all'orizzonte, fuori dal lido i cani antidroga.
Non mi resta che tornar di corsa in stazione dei treni e, nella coda per farsi convalidare il biglietto dalla capotreno, scatto la miserabile foto.
Sceso a Trento, sotto l'acquazzone, provo infine a salutare Soldato Jane con una battuta simpatica. Dal suo Come, scusi? deduco che la figuraccia me la sono proprio cercata e che oggi è proprio una giornata da dimenticare.

Col senno di poi era meglio anticipare il lago, tornare in città per il caffè con l'amico e concludere con la pizza coi parenti. Ahimè, senza orari concordati, senza una tabella di marcia ben definita, io miracoli non ne posso fare.

venerdì 28 luglio 2017

Rivalutare l'acqua per affrontare l'emergenza idrica

Chi abita nei paesini di montagna ha il privilegio di poter vedere da dove proviene l'acqua che beve. Pardon, beveva. Questo della foto è il vecchio acquedotto di Baselga, sorto sulla storica sorgente, trovato in mezzo al bosco. La porta aperta perché esso giace in disuso sin da quando il comune di Trento ha centralizzato la distribuzione dell'acqua, attingendola altrove.
Chissà come mai.
Un tempo le comunità dipendevano da quest'acqua minerale che zampillava fuori dalla terra; ad essa dovevano il sostentamento e pure l'indipendenza. Più in là nel tempo la si incanalava sino alla fontana e al lavatoio, per avvicinarla al centro abitato. Da lì, ciascuna famiglia provvedeva a rifornirsi d'acqua, a secchi o nelle otri di pelle, pertanto le persone la consumavano con parsimonia. Erano consapevoli, altro che sciacquone selvaggio!

Oggi vige il motto del Finché ce n'è. Oggi l'acqua è quel fluido trasparente e insignificante che fuoriesce dal rubinetto/gabinetto al nostro comando. Oppure è il contenuto delle migliaia di bottiglie esposte in ogni singolo supermercato. Oppure la pioggia che fa puzzare il bucato. Il cittadino medio, viziato dai comfort, non si rende conto di quanto sia fortunato a disporre di tanta acqua; tutt'al più brontola perché deve pagare la tassa corrispondente!

In caso di emergenza idrica si sfiora il tragicomico. Cosa fa l'italiano medio quando viene annunciato il razionamento? Fa il pieno di acqua prima per non rimanere senza dopo, crede di essere furbo. Al posto di razionarla con coscienza, finisce con l'abusarne in un momento critico. In nome di un eccesso di igiene, in un nome di tante abitudini consolidate, in nome di tanti capricci a quali è difficile rinunciare.
Gli agricoltori moderni sperperano quantità indicibili d'acqua, vuoi perché devono gonfiare al massimo il raccolto (si esportano le mele gonfie d'acqua e s'importa dall'estero il frumento secco, per dirne una), vuoi perché devono lavare i mezzi agricoli dopo i trattamenti chimici e così via. Le fabbriche e le centrali non sono da meno, tutte succhiano avidamente l'acqua da ogni riserva disponibile.

Preziosa acqua piovana. Era luglio dell'anno scorso e dal cielo venne giù il diluvio. Mi sorprese nell'orto, mentre sistemavo le grondaie mobili del vecchio pollaio sull'imbocco della cisterna, una routine consolidata, così mi riparai dentro il suddetto pollaio. L'acqua veniva giù così forte che riempì la cisterna mezza vuota (capienza complessiva: 1000 litri), veniva giù così violenta che era di fatto impossibile stare all'aperto senza l'ausilio di un robusto ombrello.
Dall'interno del riparo, in qualcha maniera riuscii a spostare le grondaie per riempire il bidone (altri 250 litri), aiutandomi con quanto avevo a disposizione (una bacchetta) per reggere quel nuovo assetto precario (foto).
Voglio dire: oggi se piove filate tutti sotto un tetto o dentro l'auto. Guai se i capelli si bagnano. Io in quell'occasione mi ero fatto l'equivalente di cinque docce filate, ma avevo raccolto una riserva immane di preziosissima acqua meteorica, che altrimenti sarebbe defluita giù per la strada.
Avevo garantito quasi due settimane di irrigazione per l'orto e scusate se è poco.

mercoledì 26 luglio 2017

Salotto nell'Orto: mangiar cipolle al Muse

Vi ho mai detto che mangio le cipolle crude? Probabilmente no, solo a dirlo uno si immagina già l'alito cattivo... Io comunque le mangio a fette, da sole, son tutti capaci di mangiarne una quantità minimale con i fagioli o la carne lessa! (Voglio precisar che le cipolle crude le mangio quando sento le prime avvisaglie del naso chiuso, han proprio un effetto balsamico...)
Fatto sta che il Muse di Trento ha proposto un intero menù a base di cipolla e io, per curiosità, non potevo certo mancare.
All'ora concordata ci siamo presentati in due gatti (manco quattro), ma alla sensazione di desolante disagio è subentrato il mero calcolo: meno siamo e più si mangia! Difatti (alla fine eravamo una decina, la metà dei prenotati) abbiam mangiato il doppio e la spesa del biglietto s'è ammortizzata benone. 
La degustazione comprendeva quattro piatti tipici calabresi: crostini con cipolle di Tropea caramellate, maccheroni alla calabrese, mini parmigiana di melanzane e infine mini tiramisù al bergamotto.
Inutile dire che han stravinto i maccheroni (con pomodoro, melanzane, cipolla di Tropea, provola silana e basilico) e dopo aver fatto il bis, ero tentato di fare anche il tris. Piccola nota negativa: la cipolla di Tropea, rinomata nel mondo perché dolce, è stata dolcificata con lo zucchero. Sacrilegio!

A proposito di sapore di cipolle, ho avuto l'occasione di porre una mia questione all'esperto del Muse, Costantino Bonomi, che ci presentava l'orto botanico tra un assaggio e l'altro.
Ebbene, gli ho chiesto: Com'è possibile che io riesca a mangiar le cipolle gialle crude del mio orto e non la medesima varietà di cipolla comperata all'Orvea? Mi ha spiegato che il sapore più o meno marcato della cipolla dipende dagli sbalzi termici. Evidentemente quelle del supermercato sono importate da fuori regione, presuppongo, e vengono quindi piantate con largo anticipo o raccolte alle porte dell'inverno.
Ho avuto modo di recuperare un po' di semenza di pomodoro selvatico, la varietà originale, dei minuscoli pomodori ciliegini in pratica.

giovedì 13 luglio 2017

La dura legge del blog in divenire

La dura legge del... blog. Citazioni canore a parte, vorrei rimarcare che scrivo un blog in divenire. Nel senso che muta nel tempo. Se un blog onesto si comporta più o meno come un flusso lineare di informazioni sempre nuove che s'appoggiano sulle precedenti, il mio si aggiusta in continuazione come un cubo di Rubik. Colpa dell'impostazione che ho dato ai post, dei piccoli temini con un capo e una coda, più che pagine inconcludenti di diario. Mi tocca ritoccarli di sovente, magari per correggere il tiro se l'ho sparata grossa, oppure per integrare il mancante.
Poiché il contenuto del blog è aggiornabile, poiché il web mi concede questa possibilità, io la sfrutto con buona pace della coerenza.

Il blog è uno strumento di riflessione personale, è un esercizio di scrittura. Non sono un patito dell'attualità, semplicemente mi annoto le cose e intanto le condivido. Prima o poi. Non avete idea di quante volte torno qui a leggere appunti o a riguardarmi foto, che se li cercassi sul computer impiegherei il triplo del tempo.
Senza contar la mole di post lasciati in brutta copia che difficilmente vedrete mai. Capita che li pubblico un anno dopo, per non dir due, in sordina insomma. Li inserisco in ordine sparso, come i fogli forati di un raccoglitore ad anelli.


Post migrato dal mio blog-diario

lunedì 10 luglio 2017

La postuma riconoscenza della donna dei miei desideri

A me non piace parlar di morti e non voglio certo sfruttare lutti famigliari per suffragare le mie teorie esistenziali. Però, con la dipartita dell'attore Paolo Villaggio, è emersa una questione che mi fa abbastanza imbestialire.
Fantozzi è stato l'unico uomo che mi abbia veramente amato, così se ne è uscita la crudele signorina Silvani nei confronti del suo caro e defunto spasimante, il ragionier Fantozzi.


Ironia a parte, voglio capire il senso di tal sofferta dichiarazione. Cara signorina Silvani, tratti per una vita intera Fantozzi da pezzente e ora che egli è morto gli dedichi due belle parole? Grandissimo esempio non di buon cuore, ma di cuore marcio!
E che immane bastardata hai scritto, lasciatelo dire.
Qui viene a galla lo schifo del genere umano, l'infierire a oltranza, il vilipendio di cadavere, la sintesi di una condotta tipica di alcune donne ma anche di alcuni uomini, non voglio scadere in discriminazioni sessiste.

La signorina Silvani non è soltanto un personaggio fittizio, ma rappresenta degnamente quella fetta di persone belle&maledette che se la tirano. Che se ne sbattono altamente se sei innamorato di loro, se sei diventato single a vita per restar loro fedele. Ti strizzano l'occhio di tanto in tanto, ti lanciano qualche allusione per illuderti, per prenderti in giro, per far il pieno di autostima.
Perché nella catena alimentare, qualcuno mette i piedi in testa anche a loro e, poverine, devono pur sfogarsi su qualcuno! Quando poi, nonostante tutto quel trasporto, tu fai notare i tuoi sacrosanti diritti e pretendi un minimo di rispetto, le signorine Silvani reali ti segano via, troncano ogni legame, come se non fossi mai esistito.
Ti mortificano.
Ecco, una volta morto, giusto per farti rivoltare nella tomba, giusto per sfruttare il tuo decesso per un nuovo attimo di notorietà, ti dedicano un bel pensierino.

Che poi i film sono più rosei della realtà. Nella realtà, quando la signorina Silvani ti sega dai contatti, cessi di esistere definitivamente. I ripensamenti oggigiorno non sono mai un'opzione ammissibile.

Questo è un post Socialmente Scomodo, amaro da mandar giù.