Blog parallelo

domenica 16 dicembre 2018

Il nuovo martire dei giornalisti

Potevo limitarmi a elogiare l'idea di mascherare i blocchi di cemento (già belli da sé per la forma di mattoncini del lego) con questi pannelli rossi in stile Coca Cola. E invece no, devo esprimere un'opinione scomoda sull'attentato di Strasburgo.
Stavolta il martire non è stato il terrorista, no, lui s'è dimostrato solo l'ennesimo balordo che scatena i suoi rancori ai mercatini di Natale. A casa del nemico, ossia il cristiano consumista, per vendicare le sue genti, nel cuore dell'Europa, ect ect ect. Chi se lo fila, insomma, cronaca trita e ritrita.
Per martire intendo il giovane giornalista trentino (i giornali calabresi han subito rimarcato le origini calabresi) che si è meritato gli onori della cronaca (al contrario delle altre vittime e degli altri feriti) e poi i ridondanti necrologi quotidiani, nonostante la famiglia avesse pregato di rispettare la sua privacy (ma tant'è, evidentemente tra colleghi si può chiuder un occhio). 
Martire non dell'Unione Europea come vogliono far credere, ma della loro stessa categoria professionale. La nobile causa dell'Unione Europea c'entra poco: prima di spalare letame sul nuovo governo, difatti, l'UE veniva sempre dipinta come la troika cattivona dell'austerity ect ect ect. I giornalisti stanno usando questa vittima vocata al giornalismo per consolidare nella gente il loro ruolo-guida di manipolatori d'opinione. Me le immagino le redazioni, nel post-attentato:
"Cari colleghi, cari colleghe," esordisce il caporedattore "è caduto uno dei nostri a Strasburgo."
"Un giovanotto pulito, mica un professionista scafato come noialtri" commenta un subalterno.
"Non se l'è cercata come quelli rapiti dell'Isis" nota un altro.
"E abbiamo una bella foto. Che sorriso, spacca questa foto" interviene un'altra ancora.
"Avete centrato il punto, signori miei: costui sarà il nostro eroe, grazie a lui entreremo nel cuore della gente, più forti che mai!"
Fare servizio pubblico vuol dire mettere in secondo piano se stessi per garantire un qualche diritto alla collettività. In questo caso il diritto d'informazione, ossia l'informare il prossimo con notizie veritiere. Taluni giornalisti (non tutti, ci tengo a precisare), invece, fanno i protagonisti, s'arrogano il diritto d'appassionare il prossimo aggiungendo un pizzico di pepe alla notizia. Sfamano di cronaca nera la fetta di pubblico morbosa, creano ansia nella fetta di pubblico debole per poi manipolarla meglio. Prendono una posizione, si schierano con un partito politico anziché rimanere super partes. Si scagliano contro l'avversario di turno con modi del tutto squallidi. Fanno quadrato sordi alle critiche, omaggiano i propri caduti ignorando bellamente che al mondo un sacco di altra gente ci rimette la pelle e non se la fila nessuno.
Loro malgrado perdono credibilità.
Se il sedicente stato islamico non ha avuto il suo martire, se ne sono rimediati uno i giornalisti.  

"Ne parlano più di un papa morto" traduco dal dialetto. Giornalisti martellanti, eccessivi, arroganti perché s'arrogano il potere di celebrare uno dei loro allo sfinimento e accennano appena appena a tutte le altre vittime. Tutti europeisti a parole, ma, guarda caso, parlano solo del connazionale. Le autorità ovviamente colgono la palla al balzo, la città di Trento pure, sempre ansiosa di rimediare uno scorcio di notorietà, nella buona e nella cattiva sorte. Il cittadino indolente ha pure le sue colpe, incapace ci sentirsi parte di una comunità (europea) senza l'aiutino di un morto.
Mi dispiace dirlo, ma tutto questo parlare sortisce l'effetto opposto. In me. E' come guardarsi il film preferito ogni giorno ed esso finisce col provocar la nausea. Non lo si guarda più, c'è poco da fare.


Questo è un post Socialmente Scomodo, amaro da mandar giù.

Nessun commento:

Posta un commento