Blog parallelo

giovedì 31 maggio 2018

Cronaca bruna: maggio 2018

Lo chiamavano Water Collector, altro che Water Diviner! Una delle più grandi sfide orticole è trattener quanta più acqua piovana possibile, per far a meno di quella della spina (della serie se tutti facessero così, il ciclo dell'acqua adrebbe a farsi benedire). La cisterna da dieci ettolitri assolve parzialmente a tal funzione, ma son partiti altri 25 euro per un rubinetto più comodo (quello originale ti spaccava il polso tanto era duro da girare). La giunzione metallica compatibile l'abbian trovata in ferramenta a Sarche.
Da nessun'altra parte.

Il prezzo dell'acqua piovana comoda.

I germogli dei kiwi vantan sempre colori magnifici. L'innesto fatto da mio papà l'anno scorso al ciliegio in campagna sta crescendo bene. Non posso dir lo stesso dei miei esperimenti, di cui vi risparmio le foto (in un caso la colpa la do a un capriolo affamato e non a me).

L'innesto al melo non è andato a buon fine, perché non credo si possa innestare un innesto. Si innesta solo un porta-innesto, dico bene? Fortunatamente la pianta ha fatto spuntar un pollone. Ecco, costui sarà un porta-innesto. Il melo, che è vivo, provvederò a trapiantarlo il prossimo anno.
Per la serie salva l'agrume, per capir quale varietà ho recuperato dall'orto, dicono che basta strofinar una foglia ed annusare. Ebbene, a me pare arancia amara...

E' giusto che l'acqua ferrosa degli spinaci torni da dove è venuta.

Le talee di vigna dell'anno scorso han radicato bene, le trapianto in attesa della messa a dimora definitiva. Per la serie i lamponi della vicina, mi son ritrovato a vangar tra costoro. Ordine tassativo di non estirparli. Di questo passo l'orto ne sarà invaso e io mi risparmierò la vangatura. Non male.

Zucchine spontanee nell'orto, provvedo a raggrupparle, avendo cura di trapiantarle col pane di terra (sbadilata)ieme. Mi sembrava un peccato buttar nella compostiera tutte le femminelle (o fiòi) del pomodoro, così mi son deciso di farle radicare, tenendole a mollo nell'acqua pulita


Germinazione delle arachidi conservate dallo scorso anno.
Le fragoline selvatiche crescono benone nell'orto, che ovvietà. Le prime fragole a maturare sono un po' deformi e non proprio dolci, ma san di fragola, al contrario di quelle dipinte di rosso del supermercato.

Tento la margotta all'olivo, incidendo ed interrando la corteccia di uno dei fusti.
 
Il mio kiwi fiorisce, ma non so mica se son fiori maschili o femminili...

Fiorisce pure l'erbaccia infestante per eccellenza, di cui non so ancora il nome.

Infine, per la serie il collezionista di noci, provvedo a mettere al sicuro le piantine spontanee sorte nell'orto. Intanto, tra l'aglio ed i carciofi appena trapiantati, il noce (l'erede del vecchio esemplare tagliato l'anno scorso) si sviluppa rapidamente. E non può star lì.
Dove metterò a dimora tutti questi potenziali alberoni?

marzo 2018 - CRONACA BRUNA - giugno 2018

Carciofi: semina e messa a dimora

Coltivar i carciofi seminandoli pare non sia una buona idea, da quanto leggo, molto meglio trapiantare i polloni o le gemme del rizoma. Senza contar che tale ortaggio vuole un suolo ben concimato, sempre umido, e tanto sole, anche in inverno.
Quindi si preannuncia abbastanza rognoso da coltivare.
Ci ho provato comunque con i semi: in negozio c'erano solo quelli e la striscia di orto, rivolta verso sud e sempre umida per via del muretto adiacente, fa proprio al caso mio.
O almeno credo, i carciofi son proprio sul filo della linea d'ombra...


Semina a fine marzo:

Ho aggiunto un passaggio in più, rispetto all'illustrazione sulla bustina dei semi. Anziché seminar i carciofi nel semenzaio e poi metter a dimora la piantine nella terra piena, ho fatto prima germinare i semi nella sabbia umida, al caldo, incucina. Da lì li ho trapiantati nel "semenzaio", vaso da fiori pieno di letame vecchio, per guadagnare un po' di tempo.
Ai primi di maggio devo dir che non hanno un brutto aspetto, han quasi le foglie spinose dei cardi (son parenti difatti):

Maggio, preparazione della carciofaia: necessita una vangatura molto profonda (ma qui siamo in Trentino Alto-Adige ed è già tanto disporre di 30-35 cm di terra) e abbondante concime (il carciofo vive per molti anni). Così ho scavato due trincee, sul fondo ho steso uno strato di pollina e le ho riempite.
Cambio di programma: le mie piantine son troppe, qui ci stanno giusto due filari di cetrioli.



Fine maggio, messa a dimora dei carciofi:

Ho quindi ripiegato sulla striscia dell'orto rimasta ancora libera, sotto il muretto, facendo le acrobazie per rivangarla e concimarla con stallatico senza rovinare gli ortaggi vicini.







I pidocchi, le formiche e il piano b:
Le formichine nere sono tremende: allevano gli afidi persino sui carciofi (le maledicevo già con le pastinache), inibendo la crescita delle foglie novelle. Quelle rosse e quelle nere più grandi non mi parevano così dispettose, difatti son sempre stato un loro grande estimatore, ma queste si meritano lo sfratto. In principio scuotevo quotidianamente i carciofi con una rastrello per foglie e le formiche imperterrite ricostruivano la loro fattoria, poi son passato alla poltiglia bordolese.
Han desistito, finalmente, anche se devo dire che le piante son rimaste un po' malconce.
Se la carciofaia non parte, c'ho sempre le fide zucche violino di rimpiazzo.

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lunedì 21 maggio 2018

Frittelle di fiori di robinia a modo mio

Fiori di robinia soffritti. E' ora dedicare una paginetta alle frittelle di fiori d'acacia agli hamburger di fiori di robinia (anziché i titoli di coda).
(Che poi, nella lingua corrente l'acacia e la robinia son la stessa pianta, quindi alternerò i nomi liberamente.)



Specialità stagionale perché dipende dalla fioritura:

L'occasione di mangiar frittelle di fiori d'acacia capita una volta all'anno e si dispone di circa una settimana per la raccolta. La robinia è un albero che cresce spesso e volentieri lungo le strade, suggerisco quindi di andarlo a cercare in campagna o laddove il traffico è limitato.

Prima di cacciar i fiori nella pastella (di farina e latte con un pizzico di sale; zucchero, uova e birra facoltativi) è meglio stenderli sul tavolo, in modo che gli impollinatori vari ed eventuali possano darsi alla fuga. Sennò raccogliete i fiori ancora chiusi e andate sul sicuro.

Per far prima, ho sgranato tutti i fiori d'acacia (anziché tenerli uniti al gambo), in modo da mescolarli con la pastella e ottenere dei pratici hamburger. Hamburger perché non li ho affogati nell'olio, ma li ho semplicemente soffritti e rigirati.

Croccanti fuori e dolci anche senza zucchero. Ovvio che aggiungendo lo zucchero guadagnano una marcia in più, san di frittella di mela quasi.
Quest'anno ho risolto inzuppandoli nello sciroppo d'acero.

Vi ricordo che i fiori di robinia son buoni da mangiare anche freschi, provare per credere. Meglio quando son boccioli, per il discorso già affrontato sopra. Quest'anno me li ha persino lavati la pioggia, cosa volere di più...!

Mangiateli caldi.

mercoledì 16 maggio 2018

Adunata degli Alpini: Trento conquistata

Rileggere il nome della Brigata Julia a caratteri cubitali, con le fanfare e migliaia di Alpini al seguito, fa un effetto indescrivibile (ricordano o no i signifer dell'antica Roma?).
Da Alpino astemio e non iscritto all'ANA, ho sempre associato l'Adunata a sbronze colossali e collettive, a rimpatriate di najoni che poco hanno a che vedere con la rigida disciplina e con la solennità dei riti militareschi che son rimasti impressi dentro di me.
Quindi nelle edizioni precedenti mi son sempre tirato fuori. Quest'anno, invece, per una volta che l'Adunata viene a casa mia, ho deciso un parziale strappo alla regola. Segue un mini diario.

Premessa: le mie son righe dettate dal risentimento. Ho pensato bene di montar ospedali da campo e tende pneumatiche, rispettivamente per far fronte a una poco probabile emergenza e per fornire una branda agli alcolizzati, anziché godermi appieno la festa. La mia festa.
È stata un'enorme fesseria, col senno di poi.

Metà aprile: Trento è tutta un tricolore. Che sia la volta buona dell'annessione con l'Italia? E gli Schützen muti.

Giovedì 10 maggio, tardo pomeriggio: gli Alpini sono già arrivati e sono già ubriachi. A conferma dei miei pregiudizi, li ho visti elargire complimenti prima a una vigilessa e poi a una crocerossina. Il fascino della divisa.

Venerdì 11 maggio a mezzodì: quanti figuranti per strada... Metà dell'orda che ha invaso Trento ha cappelli tarocchi. Questi non son Alpini, son infiltrati nell'Adunata. Mi ricordano i tifosi coreani con la maglia azzurra della Nazionale ai mondiali di calcio. Mi fan passar la voglia!

Venerdì 11 maggio, sera: gli Alpini cantano le canzoni della... gita: 883, Massimo Ranieri, il rivolante po-po-po-po-po-po-po da stadio... Altro che i vecchi canti di caserma, al ritmo del passo cadenzato! Proprio non ci siamo.

Sabato 12 maggio, mattina: se gli Alpini bivaccano in ogni area verde di Trento, dove diavolo son finiti gli spacciatori? Mistero.
Finalmente sento il primo coro, spontaneo ma di una certa levatura, alla fermata dell'autobus sotto casa. E' curioso, in ogni caso, che gli Alpini possan far chiasso dal mattino a notte inoltrata, col benestare delle autorità. Fa riflettere. Fosse stato chiunque altro, non oso immaginare le polemiche.
PS: mi perdo i paracadusti al Briamasco. Niente di che a sentire i presenti, si aspettavano tutti un lancio in grande stile, non l'esibizione di qualche atleta.

Sabato 12 maggio, sera: gli eroici placcatori del 118. L'Adunata è paragonabile a due o tre Notti Bianche messe insieme come densità di popolazione. In mezzo alla calca, c'è un gruppetto serioso: il sottoscritto con due altri Alpini del mio plotone. La classica rimpatriata con un bicchiere di vino (me lo concedo nelle giornate speciali, non son proprio astemio). Ci guardiamo attorno abbastanza schifati, a esser sinceri: un trabiccolo che propaga musica discutibile richiama l'attenzione e un sacco di gente; pochi di loro fan caso all'ambulanza coi lampeggianti che deve transitare per la via. E non può per colpa di tutti i pecoroni in mezzo! Ecco che il personale sanitario scende e placca chiunque sia di intralcio al veicolo. Eroi.

Sabato 12 maggio, notte: Trentino Trasporti non lascia per strada nessuno. Anche gli autisti meritano un elogio, tra corse speciali e straordinari. L'autobus pieno zeppo in salita arranca e gli Alpini cantano le canzoni del loro repertorio. Scena memorabile.
PS: sarebbe fantastico se le corse notturne venissero estese anche nelle altre giornate di festa cittadina.

Domenica 13 maggio, mattina: "Che ci fanno le bandiere dell'Austria insieme ai Tricolori?" Bella domanda. Gli Alpini di colpo son tornati sobri e notano le bandiere della provincia, che assomigliano effettivamente a quella austriaca e che soprattutto non c'entrano una mazza con l'Adunata.
PS: mi perdo le Frecce Tricolori. Immane tragedia.

Domenica 13 maggio, pomeriggio: a forza di sentir tamburi, mi verrà l'aritmia. Durante la sfilata si respira un'aria molto diversa dalla baldoria dei giorni precedenti. Si sente che siamo alla fine.

Domenica 13 maggio, sera: inizia a piovere. A lavar via da Trento l'invasione degli Alpini.

Da lunedì 14 maggio in poi: tutto finito, tutto come prima. L'Adunata pare scoppiata come una bolla di sapone.

Ve lo dico io cos'è diventata l'Adunata: un magna, magna...

lunedì 14 maggio 2018

Riparare l'ombrello 3: basta una penna

Con tutta 'sta acqua, il fido ombrello fa gli straordinari. E vuoi lo stress subito, vuoi la fragilità intrinseca delle bacchette e delle forcelle, finisce che il nostro amico si rompe spesso e volentieri.
Queste ombrellette han tutte dimensioni standard, ragion per cui le scorse volte le aggiustavo con parti di ricambio. Però si diventa scemi, lasciatemelo dire, e stavolta volevo inventarmi un rimedio fai-da-te più semplice. Dopo una bella spremitura di meningi, ho realizzato che basta una penna biro per aggiustar la bacchetta spezzata!
Ergo con questa ideona riscriverò la Storia, delle riparazioni di ombrelline cinesi per inciso...

Il miracolo della penna:
Occhio che non tutte le penne vanno bene: l'involucro deve aver un calibro tale da riuscire a contenere le due parti della bacchetta spezzata, tenendole grossomodo unite. Ahimé, come si vede nella foto, lo snodo della forcella è rimasto fuori dalla sua sede e bucherebbe la stoffa dell'ombrello...

Pertanto mi complico le cose:
Col senno di poi poteva bastare far un giro esterno col fil di ferro per fermar al loro posto i componenti della bacchetta spezzata. Invece ho deciso di scavare nella penna l'alloggiamento dove infilare lo snodo. Snodo quindi da fissare col fil di ferro, operazione un po' laboriosa.
Il fil di ferro poi l'ho girato attorno alla plastica della penna; una cucitura laddove quella originale aveva ceduto.

Ora bisogna vedere quanto durerà la riparazione: come si è rotta la bacchetta di metallo, prima o poi si romperà anche l'involucro di plastica della nostra modesta penna. 
Se mai succederà, saprò cosa comprare al prossimo black friday...

PARTE 2 - RIPARARE L'OMBRELLO