Blog parallelo

sabato 30 giugno 2012

Coltivare le fragole nell'orto: dal fiore al frutto maturo

un fragolone maturo e uno ancora in sviluppo
Coltivare le piante delle fragole, in Trentino le chiamiamo fragoloni,  è abbastanza facile. Si propagano in fretta, soprattutto nella terra fertile dell'orto. In campagna capita addirittura di vedere intere distese di prato colonizzate dalle fragoline selvatiche.


Ecco lo sviluppo delle fragole con una sequenza di foto.


Aprile: i fiori bianchi delle fragole
il fiore bianco della fragola
 
Maggio: maturano le fragole
Dal fiore della fragola nasce il frutto, prima verde e poi bianco



I frutti, esposti al sole, si dipingono di rosso. Alcuni prima degli altri. Anche le dimensioni dipendono dalle condizioni più o meno favorevoli: se piove poco le fragole rimarranno piccole, se piove tanto, invece, rischiano di ammuffire e marcire. 


Maggio-primi di giugno: la raccolta delle fragole
La raccolta delle fragole è un'attività certosina.
Bisogna stare attenti a dove si mettono i piedi, per non calpestare né i frutti né le piante. Non siamo gli unici a mangiarle: alcune vengono consumate dagli insetti e dagli abitanti della terra. Il consiglio è quello di lasciare le fragole mangiucchiate al loro posto: verranno consumate del tutto, a vantaggio dell'integrità degli altri frutti.

Coltivare la fragola con il trapianto
Le piante adulte di fragola rilasciano delle propaggini che colonizzano ogni angolo adatto del terreno (foto a destra). A brevi intervalli della propaggine germoglierà una nuova piantina. Si rivelano quasi infestanti nell'orto.
In primavera bisogna eliminare le piante vecchie e trapiantare, al loro posto, le piantine. 


foto scattate con una Fujifilm FinePix Z100fd

Il mistero delle previsioni del tempo nelle stazioni meteo radiocontrollate

Quanti di voi a casa hanno un orologio radiocontrollato, cioè dotato di un'antenna ricevente in grado di agganciarsi al segnale radio e captare quindi l'ora esatta?
Alcuni apparecchi forniscono persino le previsioni meteo*, ma mi chiedo come possano riuscirci. Voglio mettere alla prova la mia stazione Oregon Scientific.

*Le istruzioni riportano una probabilità del 75% di azzeccare.

L'antenna DCF77 all'interno della stazione meteo.

Il sistema DCF77. In Germania, nei pressi di Francoforte, s'innalzano delle antenne radio capaci di coprire con il loro segnale tutta l'Europa. A loro volta collegate con tre orologi atomici per trasmettere l'ora esatta negli orologi riceventi e fin qui ci siamo. Il fatto è che il sistema DCF77 invia pure le previsioni del tempo, udite udite, nelle corrispondenti novanta zone meteo in cui è ripartito il territorio europeo.  
Quindi le antenne di Francoforte non indirizzano un segnale differente in ogni regione geografica, ma trasmettono tutte le informazioni dappertutto. Spetta alla singola stazione ricevente captare il segnale radio adeguato. E come fa? La radiosveglia viene tarata prima della messa in commercio, suppongo.


Una radiosveglia/stazione meteo comprata nel Nordest dovrebbe essere stata preconfigurata per ascoltare solo le previsioni meteo del Nordest. Quindi mi è andata di lusso, avendo comprato l'apparecchio Oregon Scientific in Emilia Romagna e utilizzandolo ora in Trentino. Sempre di Nordest si parla, in fondo. O forse no, forse appartengono a due zone meteo differenti, seppur attigue.
Allora ecco la prova pratica: le foto in sequenza per vedere se il tempo corrisponde effettivamente alla previsione (basta guardare il riflesso).

Primo test: direi superato. Da sereno il cielo è diventato coperto.

Secondo test: superato con riserva.
La pioggia prevista si è fatta attendere un bel po' (due giorni).



Morale della favola. Mi verrebbe da pensare che tali stazioni meteo vadano comprate in un negozio vicino a casa nostra e non ordinate su internet da mille chilometri di distanza. O forse c'è ancora qualche dettaglio che non ho afferrato? Chi sa, parli!














foto scattate con una Fujifilm FinePix Z100fd

domenica 17 giugno 2012

Salvare le piante di mirtillo. Seconda puntata: il trapianto nei vasi

la pianta di mirtillo estratta dal terreno con un badile
Il trapianto delle piante di mirtillo
Ho estratto le piante di mirtillo infilandovi sotto un badile e facendo leva. Si vede chiaramente che le radici non sono mai uscite dall'alloggiamento originario, il terriccio del vaso.
Come se la terra al di fuori fosse ostile e pregiudicasse lo sviluppo del mirtillo. Speriamo che nei vasi, con la nuova terra, vada meglio





Terra nel vaso con gli aghi d'abete
La terra della malga sembra un po' argillosa, l'ho quindi mescolata e poi intervallata con gli aghi d'abete, come se si fossero sedimentati nel corso degli anni.
Potare o lasciare i rametti (all'apparenza secchi) della pianta di mirtillo? Su consiglio li ho lasciati: possono servire sempre come riforzo e protezione per i germogli verdi, più delicati.



Foto di gruppo: i mirtilli nei vasi e i mirtilli rimasti a terra
Per concludere l'operazione ho aggiunto uno strato di corteccia di larice superficiale alle due piante nei vasi. A destra e a sinistra, rispettivamente, c'è una pianta di mirtillo che si è ripresa e una ancora addormentata. Più in là il ribes rosso e il ribes nero.
Visto che rimane un po' di terra della malga proverò a trapiantare anche quest'ultima e, se non succederà niente, metterò la terra sulle piantine rimaste a terra ancora verdi.

foto scattate con una Fujifilm FinePix Z100fd

Salvare le piante di mirtillo:
nuovo tentativo la terra giusta il trapianto nei vasi

Salvare le piante di mirtillo. Prima puntata: la terra giusta

Coltivare il mirtillo non è affatto uno scherzo: occorre avere il posto giusto e la terra giusta. Altrimenti le piante si indeboliscono fino al punto di non ritorno.
Questa primavera, a forza di dare acqua (e soprattutto di piovere) quattro piante di mirtillo sono sopravvissute e sono comparsi i primi germogli. Altre, invece, non si sono proprio riprese, diventanto addirittura la sede di un formicaio (foto sotto).
Per non rinunciare ai preziosi piccoli frutti ho tentato di salvare due piante in difficoltà, trapiantandole nel vaso con nuova terra.



La terra della malga:
I mirtilli crescono spontaneamente in montagna, ad alta quota. Questo per tante ragioni, una delle quali è la terra acida presente nel suolo. Esiste il concime apposito e altre sostanze chimiche che dovrebbero permettere ai mirtilli di sopravvivere nella terra normale, ma nel nostro caso non hanno funzionato. Quindi, zaino in spalla, sono salito su fino al Malghet, malga del Bondone, a prendere un po' di terra. Ora non so se stavo abbastanza in quota, lo scopriremo in futuro.
Come si può intuire dalla foto a sinistra, ho prelevato della terra di riporto delle talpe, che, oltre a essere già vangata dalle unghie degli animaletti, proviene dalle profondità e quindi dovrebbe essere più fertile. Inoltre mi sono preso un po' di aghi d'abete, pensando a cosa potrebbe concimare dei mirtilli naturali.


Le due piante di mirtillo prescelte, all'ombra dei ribes:
Ho scelto queste piante di mirtillo, dallo sviluppo tardivo rispetto alle altre due perchè sovrastate dal ribes nero, da quello rosso e dall'uvaspina.


L'occorrente per il trapianto dei mirtilli:
Mi sono procurato i vasi più capienti che avevo a casa con i loro sottovasi. Ovviamente serve anche dell'aqua. Visibili a sinistra i due sacchetti con la terra della malga (sperando che sia acida) e gli aghi secchi d'abete.

foto scattate con una Fujifilm FinePix Z100fd

Salvare le piante di mirtillo:
nuovo tentativo la terra giusta il trapianto nei vasi

giovedì 14 giugno 2012

Escursione al Malghet, malga del Bondone sopra Sant'Anna

Sfruttando la parentesi di sole tra una pertubazione e l'altra, ieri sono salito fino al Malghet, una delle malghe di Sopramonte sul monte Bondone.
C'era il sole, ma non faceva molto caldo, condizione ideale per l'escursione in salita. A piedi ho impiegato due ore a salire e una per scendere. Con la bici i tempi si sarebbero accorciati.

Partenza da Baselga del Bondone
Solito punto di partenza: Baselga del Bondone. Abbiamo un punto di riferimento per arrivare al Malghet: la vistosa parete rocciosa del Doss Nero, altura imponente tra il territorio di Sopramonte, Baselga del Bondone, Vezzano e Vigolo. 
Bisogna attraversare il paese fino al capitello e si prende la strada di Omalga. Da qui dirigersi a Sant'Anna. 



Scalo intermedio: Sant'Anna
Da Sant'Anna si gode di un ottimo paesaggio sul Gazza e sulla Paganella. Oltre alla chiesetta ci sono altre vecchie case, alcune in via di restauro. C'è anche la fontana, essenziale per rifornirsi di acqua fresca.
Oltre il pascolo di Sant'Anna si nota il nostro punto di riferimento: la parete rocciosa. Ora un po' più vicina. 

Imboccare il sentiero giusto...
Giunti a Sant'Anna c'è un incrocio. Bisogna prendere la strada forestale centrale, evitando la strada bianca che costeggia il pascolo (foto sopra) e la strada bianca che scende a Sopramonte.
Poi si prende il primo sentiero a destra e, di nuovo, il prossimo sentiero a destra. Si sale fino a raggiungere il capolinea di una strada forestale, la si percorre fino a prendere l'ennesimo sentiero a destra e si continua a salire e salire finchè il bosco non si dirada e, finalmente, si vedono le distese verdi del malghet e anche la cima Palon del Bondone.
(esistono più sentieri, ovviamente, come la strada che si dirama dalla strada Lavè o la strada della malga Brigolina che, superata la malga di Mezavia, arriva fino al Malghet...) 


Arrivati al Malghet:
Il Malghet, come ogni malga, è predisposto ad ospitare e nutrire il bestiame durante i mesi caldi dell'estate, l'alpeggio. C'è una lunga stalla e la casa per i malgari; il pascolo è vasto e recintato per impedire alle bestie di finire nel bosco. Accanto al palo di questa recinzione ho trovato un grosso formicaio, brulicante di formiche operose.
Nella foto in alto a destra, sotto la Paganella, si scorge Monte Terlago.

La paleofrana del Bondone: la cima Palon intaccata
Dal Malghet si nota ancora meglio il percorso dell'antica e tremenda frana che si staccò dalla cima Palon del Bondone scendendo per più di mille metri di dislivello, coprendo ogni cosa con una spessa coltre di macigni, sulla quale si snoda la strada Lavè.
Ben visibile anche la malga Brigolina:

foto scattate con una Fujifilm FinePix Z100fd